Al di là del muro

Una bella storia da raccontare: inseguiamo i nostri sogni e non ci fermiamo davanti alle avversità o alle sfide da affrontare – l’etica del lavoro elimina la paura

Nell’estate 2022 sono stato introdotto nel magico mondo di Opera Skis, affascinato dalla bellezza di sci artigianali in legno con un’estetica senza uguali nella sua essenzialità ed eleganza, prima ancora che dalla loro qualità (che non avevo ancora sperimentato).

Opera Skis è un piccolo produttore friulano di sci di lusso in legno, che produce anche (con altri brand) Snowboard, altrettanto belli e molto diffusi soprattutto in Asia, oltre a semilavorati/componenti d’arredamento di lusso (piani per tavoli e sedie)

Paradossalmente, il buttarsi al buio ha facilitato tutto il resto, e condivido la storia…
(consentitemi qualche dettaglio da fanatico dello sci, ma altrimenti non si spiega il seguito)

Early days – la scoperta

In tre amici abbiamo ordinato in fabbrica a Opera Skis il più performante delli sci “da resort”, che è il nome figo per gli sci da pista, cioè l’Art 65 evo: colore Verde, personalizzato con i nostri nomi: Claud, Max e Tommy. Siccome ha un raggio di curvatura più piccolo di quelli che uso abitualmente, decido di compensare prendendo la misura più grande cioè 189/R18 (gli altri due amici, meno “sboroni” sullo sci, si accontentano del 180/R16,3 nonostante siano molto più alti di me….).

In luglio arrivano gli sci, veramente bellissimi, e li portiamo immediatamente da Enrico nel suo negozio al Passo a Carezza per montare gli attacchi: piastra Piston per tutti, attacchi nuovi per loro, io recupero i miei mitici “molloni” MRR bianchi e rossi (l’attacco da gara più bello che Marker abbia mai fatto, che esteticamente ha ancora un suo bel perchè nonostante sia fuori produzione da 15+ anni…)

A Dicembre li testiamo ampiamente, Max e Tommy lo giudicano il più bello sci che abbiano avuto, io fatico un po’: la piastra era montata forse un po’ troppo indietro e, nonostante siano solo 18 di raggio li trovo più faticosi dei raggio 24 che uso di solito, almeno su neve dura (in neve fresca erano perfetti, ma oramai è sempre più raro trovarla…)

La svolta (…sugli sci suona bene…)

Dopo una decina di uscite, mi viene voglia di provare a chiedere un cambio e chiamo Sandy, vulcanico ed entusiasta owner di Opera Skis: grande chiacchierata (e mille whatsapp), fatto sta che mi propone di cambiarli con un 65 evo/180 “suo” che hanno provato a fare in legno di Abonos (e fibre incrociate), marrone scuro.

Ci vediamo a Carezza per il cambio in Gennaio-Febbraio:

  • gli presento Enrico (mentre sposta i miei MRR – adesso ho uno sci che è veramente un prototipo unico)
  • Sandy lascia in negozio da provare un 65/180 rosso e un gara 27 di raggio, bellissimo in frassino.
  • cominciamo lì a parlare del marketplace Destination Luxury, che abbiamo deciso di aprire nel frattempo come INNOVENGER, e chiedo/offro a Sandy di entrare con il suo brand per vendere sci anche personalizzati e veramente “made to order”

Nei mesi successivi (a parte provare con soddisfazione tutti gli sci che Sandy ha lasciato a Carezza), come INNOVENGER disegnamo i vari use case di vendita e personalizzazione e procediamo nella realizzazione del Marketplace.

Il paese dei balocchi

In Giugno vado a trovare Sandy nello stabilimento vicino a Udine e credo che il mio entusiasmo da “bambino” curioso sia percepibile dal video che avevo fatto…

Dreams are free, so free your dreams!

Avete mai provato a prendere in mano uno sci artigianale in legno?
E’ una cosa che è veramente difficile da rendere a parole… provi entusiasmo, ammirazione, una sorta di sensazione di “perfezione sostenibile”, quelli che si credono più fighi fanno finta di essere capaci di apprezzarne le doti di elasticità piegandolo (anche io…), gli esteti pensano a quale colore vorrebbero….

Quando abbiamo fatto l’evento di lancio di INNOVENGER a Milano, Sandy mi aveva dato uno sci blu senza attacco, lungo (o meglio corto) 150 cm, che avevo utilizzato per presentare quello che volevamo fare… penso che abbiamo fatto venire voglia di sciare a gente che non è mai salita neanche sulla montagnetta di San Siro!

Confrontandoci quando eravamo nello show room, avevamo concordato alcuni dettagli con personalizzazioni veramente spinte degli sci (l’idea era inserire, oltre al logo di destination luxury, dei “tasselli trasversali” sullo sci che richiamassero le bandiere, es. “Destination Chamonix” avrebbe avuto tre strisce blu, bianco, e rosso, “Destination Cortina” le strisce tricolori, “Destination Saint Moritz” ovviamente rossocrociato, magari in punta, etc…)

Potrebbe andare peggio! Potrebbe… piovere!

Il resto (almeno per il mio percepito) è storia recente:

Destination Luxury come sito è funzionante dai mesi scorsi con 4 brand

  • Non è stato ancora fatto alcun lancio
  • abbiamo deciso di aprirlo lo stesso in modalità “family & (very good) friends” con product detail page non ancora definitive (di conseguenza anche il test può essere solo migliorativo…)
  • contiamo di essere perfetti al lancio, consistenti su tutti i social e integrati al 100%
  • Il brand su cui abbiamo scommesso di più per il lancio è appunto Opera Skis….

…se non fosse che un maledetto 24 luglio il capannone dove producono gli Opera crolla parzialmente per la grandine: vengono perse 1200 anime in legno per sci e snowboard, 2300 lamine e soprattutto 9 settimane di lavoro…

Sapendo la cosa noi non abbiamo ancora finalizzato il configuratore per la personalizzazione “spinta” (quest’anno non sarebbe possibile … ma conto che arrivi l’anno prossimo!)

Don’t give up

  • Francamente come INNOVENGER ci sarebbe spiaciuto rimanere con un progetto a metà (vi assicuro che non è una questione di soldi ma di passione, non solo mia ma di tutto il team) e quindi abbiamo deciso di procedere lo stesso, in Ottobre abbiamo fatto vari meeting virtuali (molto dissociati…non ci siamo mai parlati in più di due per volta), siamo andati a testa bassa in modalità “Dreamer” ma per fortuna siamo anche credibili nella nostra pazzia….
  • Quindi faremo un evento per lanciare il tutto assieme ai nostri partner, mantenendo (o meglio affinando) l’obiettivo iniziale….

Con modalità e ruoli diversi rispetto a quelli che avevamo pensato e che provo a raccontarvi, di fatto diventiamo un e-tailer (omnichannel):


We are innovative, we are creative, we are passionate,

we are INNOVENGER.

We are architect (and we are good at)

Allora, in “breve” 😉:

  • INNOVENGER gestirà il marketplace Destination Luxury (e questo lo sapevate)
  • Per quanto riguarda il brand Opera Skis, INNOVENGER farà anche il merchant of record (nello statuto possiamo anche vendere merci)
  • INNOVENGER diventa quindi distributore di Opera Skis e ha acquistato (!!!) 20 paia di sci più attacchi
  • Assortimento: scelto da noi, con anche il Race 184/R24 che Sandy non aveva ancora prodotto in passato.
    Per gli attacchi “top”, oltre ai Marker (piastra Piston+Xcell) montati in passato, ci sarà l’alternativa Vist (piastra WC Pro + V614) per chi volesse un’esperienza “Made in Italy”, sicuramente meno diffusa.
  • Personalizzazione e Limited Edition: con paletta colori scelta da noi, il logo Destination Luxury in Coda e numerati #1/23, #2/23 (giocando con l’equivoco sull’anno vs. la serie).
    Purtroppo non abbiamo ancora foto disponibili del logo impresso con il laser sugli sci…
  • Evento di Lancio e Test ski: 10 di questi paia di sci saranno preparati e presentati in un evento a Carezza sulle Dolomiti Sabato 16 Dicembre
    • Opera Skis ci fornisce il gazebo e i banner fisici per lo stand sulle piste di Carezza
    • Enrico (Ventura Sport – network di negozi in Trentino tra cui quello al Passo di Carezza) ci fornirà uno skiman per adattare gli attacchi per la prova sci
    • Gli sci potranno appunto essere provati in quella sede previa registrazione
    • La registrazione verrà fatta con qualche diavoleria elettronica/digitale made in INNOVENGER (che ovviamente finirà sulla cdp, etc etc…) … non vi posso anticipare tutto (teniamo la sorpresa da giocarci al momento)
    • Dopo l’evento gli sci potranno essere noleggiati nel negozio di Enrico (o anche venduti)
    • Gli sci utilizzati per i test compariranno anche tra i disponibili pronta consegna di Destination Luxury (con uno sconto come sci test)
  • Magazzino: tutti gli sci (10 test + 10 “nuovi”) entreranno comunque nello stock del backend nostro del marketplace (e fisicamente da Enrico)
  • Nuovi Prodotti: a Gennaio dovrebbero arrivare anche alcuni paia del Race 176/R21 di nuova realizzazione (con Sandy/Enrico condividiamo che potrebbe essere una star e Destination Luxury sarà tra i primi a testarlo/averlo)
  • Riapprovvigionamento: Se le cose dovessero andare molto bene, andremo volentieri in modalità riordino (eventualmente anche con lo use case del made to order)
  • Multicanalità e B2B: se Enrico (che li acquisterà da noi a prezzo negozio, quindi non in concorrenza con Opera Skis) li vende lui, verranno scaricati dal sito (se la vogliamo esagerare…Destination Luxury funziona sia come B2C che B2B 😉)
  • Spedizione: se invece l’acquisto avverà online, Enrico prenderà una piccola fee per il montaggio e la spedizione in tutta italia (con un corriere convenzionato)
  • Mercato Estero: con Sandy abbiamo discusso anche di poter essere distributori per la Svizzera (con il nostro network Nembrini Consulting), ma lo stop in capannone quest’estate non consente di poterci pensare seriamente prima di Gennaio. Nel frattempo Destination Luxury avrà un listino anche per la Svizzera apple-like (1 EUR = 1 CHF … indovinate il pricing in USD?)

L’etica del lavoro elimina la paura

Probabilmente c’è chi ci prenderà per pazzi (e ci sta…) – non ci aspettiamo che diventerà un business di quelli de’ paura per INNOVENGER – però abbiamo aspettative sfidanti:

  • Portare a termine un iniziativa che ci è sempre piaciuta nonostante le difficoltà oggettive e le sfide arrivate (9 settimane di chiusura e materiali persi sarebbero stati un deterrente per chiunque)
  • Aiutare un imprenditore/amico con quello che siamo capaci di fare (incluso inventarci anche i processi che lo rendono possibile coinvolgendo Enrico per logistica e operation con un business case incrementale che sta in piedi)
  • Completare la INNOVENGER Digital Solution (Event Driven) con CDP (Customer Data Platform), OMS, Integrazioni social, CRM, etc… su Destination Luxury ed averla live e funzionante! (Una occorrenza live è molto ma molto più credibile di una demo in laboratorio)
  • Ovviamente contiamo anche di non perderci dei soldi (il giro dei goods sold dovrebbe finire almeno in pari per noi…): in generale puoi permetterti di fare qualcosa di sfidante, innovativo e divertente nella misura in cui sei credibile e consistente sulle fondamenta.

Ringraziamenti speciali

In questo articolo, credo si possa intuire la passione che abbiamo messo tutti nei processi e un pochino anche nel marketing del prodotto.

Non mi sono sbilanciato nella parte di prodotto puro, dalla ricerca e sviluppo, alla creazione e ai vari stadi di lavorazione: Sandy mette ancora più passione in questo, qualunque cosa io possa ripetere sarebbe ampiamente riduttiva in questo ambito.

Spero che Sandy “prenderà la penna” per condividere qualcosa (mi piacerebbe organizzare altri video per raccogliere dal vivo il suo modus operandi e meglio comprendere la qualità e la sostenibilità di un prodotto di eccellenza assoluta) – il ringraziamento più grosso va ovviamente a lui (sperando che troveremo il tempo e le circostanze per continuare l’anno prossimo sul made to order di eccellenza, magari con la Svizzera e forse Stati Uniti in target).

Un grazie di cuore anche ai ragazzi che lo stanno aiutando lavorando a tappe forzate per salvare una stagione iniziata decisamente male l’estate scorsa!

Un ultimo ringraziamento a Enrico che ci ha ascoltato prima, e che non ci ha mai fatto mancare la sua esperienza e disponibilità per completare al meglio il nostro disegno.

Claudio Bianchi

Come siamo bravi noi
Al di qua del muro
Al di qua del muro
Al di qua del muro

Vivere, vivere
Qui non si usa più

Piangere, ridere
Qui non si sbaglia più

Questa paura d’amare
Spiegamela tu

Questa paura di andare
Al di là del muro
Al di là del muro
Al di là del muro
Al di là del muro
Al di là del muro

Luca Barbarossa (1989)

Primo bilancio “soft” – abstract

E’ tempo di primi bilanci soft dopo 6 mesi dal “closing” che ha sancito il cambio di passo per INNOVENGER con l’ingresso di Nembrini Consulting nella compagine azionaria.

Sicuramente siamo sulla strada giusta, o meglio su quella che vogliamo percorrere, con alcuni obiettivi raggiunti e altri in fieri anche strutturalmente: se i tuoi sogni non ti spaventano, allora non sono grandi abbastanza >> ho la sicurezza che faremo ancora tanti errori ma non quello di pensare in piccolo.

Varie le cose positive, a partire dalla mission e soprattutto dalla sua declinazione nel nostro modello di ingaggio e di business

We are innovative, we are creative, we are passionate – we are pleased to share our expertise and ideas to help our customers shaping their own processes – we like to be ARCHITECT (and we are good at). We put People first, and we go above and beyond expectations – for our clients, our partners, and our teammates.

Tra le cose più concrete e caratterizzanti completate, ci siamo “divertiti” negli ultimi mesi a definire la nostra INNOVENGER Digital Solution, basata su una architettura ad eventi estremamente concreta e scalabile (discussa nell’articolo qui referenziato) che estende il concetto di omnichannel commerce introducendo CDP e altri componenti martech:

  • da una parte pensiamo che possa essere un vero game-changer in parecchie situazioni
  • contemporaneamente ne stiamo utilizzando alcuni componenti su progetti di clienti finali per verificarne in concreto efficacia, robustezza e scalabilità
  • l’architettura è anche la base del marketplace Destination Luxury che ci accingiamo a lanciare per il Natale (4 brand coinvolti al lancio)

Sul lato interno, INNOVENGER – che non aveva dipendenti prima dell’ingresso di Nembrini Consulting in Aprile – ha intrapreso un percorso di crescita rapido e sostenibile in Italia: adesso (fine Agosto) ci sono 8 dipendenti più alcuni freelance e il forecast per la chiusura dell’anno solare è di 15 dipendenti – non troppi ma neanche troppo pochi considerando che le risorse a cui possiamo attingere sono ovviamente anche quelle di Nembrini in Svizzera (anche Canada e India).

Siamo attivi sul lato partnership sia a supporto della nostra Digital Solution che in termini di Big 5 della consulenza IT/Digital: lavoriamo con due di queste e stiamo discutendo con una terza, ovviamente su ambiti diversi per geografia e competenze (la differenziazione è importante perchè crea non-dipendenza, autonomia, flessibilità e anche qualità). I processi di certificazione (1 completato e 1 in progress) sono onerosi ma funzionali alla crescita che vogliamo avere.

Lati negativi? Sicuramente la burocrazia (certificarsi con i big è estremamente time consuming) e i termini di pagamento (almeno in Italia).

Un paio di altri infortuni dettati dalla nostra buona fede abusata (un misunderstanding con un partner di piccole dimensioni e un freelancer con troppi impegni, spero recuperabili) rafforzano ulteriormente i nostri convincementi etici, fondanti per INNOVENGER e non derogabili.

Il sogno nel cassetto: Stiamo valutando la creazione di uno spin-off universitario che consenta di accelerare ulteriormente il cammino di crescita (ma questo lo vedremo assieme al Panettone…)

Claudio Bianchi

Sul nostro sito trovate una versione più dettagliata dell’articolo

Primo bilancio “soft” – versione estesa

Q: Sono passati meno di 6 mesi dal “closing” che ha sancito il cambio di passo per INNOVENGER con l’ingresso di Nembrini Consulting nella compagine azionaria: ad una prima valutazione, avete raggiunto quelli che vi eravate preposti come obiettivi?

La risposta è articolata: di pelle mi verrebbe da rispondere “sicuramente No” o meglio “Non Ancora”… ma non è un risultato negativo, anzi….
Credo moltissimo nel fatto che se i tuoi sogni non ti spaventano, allora non sono grandi abbastanza – ho la sicurezza che faremo ancora tanti errori, ma non quello di pensare in piccolo, limitativo a prescindere.

L’ovvio corollario è che probabilmente saremo sempre un passo indietro rispetto a dove vorremmo essere, ma contenti e orgogliosi del percorso su cui ci troviamo e dei valori che ci spingono – “il viaggio ci rende felici, non la destinazione” è una frase che ho sempre sentito mia, fortemente motivazionale quando sfidi i tuoi limiti in bicicletta (https://www.claudbianchi.it/2018/06/12/il-viaggio-ci-rende-felici-non-la-destinazione/), ma assolutamente calzante anche in un ambito lavorativo.

Partiamo dal numero principale, le persone: INNOVENGER – che non aveva dipendenti prima dell’ingresso di Nembrini Consulting in Aprile – ha intrapreso un percorso di crescita rapido e sostenibile in Italia: adesso (fine Agosto) ci sono 8 dipendenti più alcuni freelance e il forecast per la chiusura dell’anno solare è di 15 dipendenti – non troppi ma neanche troppo pochi considerando che le risorse a cui possiamo attingere sono ovviamente anche quelle di Nembrini in Svizzera (anche Canada e India).

Al di là delle persone, molto più importanti dei numeri che le rappresentano, considero un grande obiettivo smarcato il fatto che abbiamo chiarito il modo con cui vogliamo lavorare:

We are innovative, we are creative, we are passionate – we are pleased to share our expertise and ideas to help our customers shaping their own processes – we like to be ARCHITECT (and we are good at). We put People first, and we go above and beyond expectations – for our clients, our partners, and our teammates.

Q: Tutto bellissimo, anche un po’ “fuffologico” – per essere concreti, come pensate di muovervi sul mercato?

Le nostre attività seguono 4 direttrici / modalità di ingaggio:
(spendo qualche frase per illustrarle – titolo in inglese, un piccolo riassunto in italiano – perchè sono importanti per raccontare chi siamo)

Shaping E2E Solutions: disegnamo soluzioni per supportare le iniziative di clienti e partner e guidare i loro “Digital Needs”. Contestualmente consolidiamo Asset per facilitare le esigenze del Business e ridurre il Time to Market.

Running Scrums: supportiamo i nostri partner gestendo interi Scrum (team progettuali autoconsistenti secondo la metodologia Agile) su differenti tecnologie – i nostri team sono indipendenti e rapidi ad arrivare alla piena velocità grazie al perfetto mix di skill ed esperienze che mettiamo in campo.

Certified Experts: le maggior parte delle nostre risorse vengono dalle maggiori società di consulenza, altri hanno esperienze manageriali in azienda – sono tutti esperti e professionisti con competenze trasversali rispetto ai diversi settori industriali; inoltre investiamo consistemente in training e certificazioni.

Interim Managers / Board Advisors: considerando il livello medio di seniority ed esperienza, siamo pronti e orgogliosi di assumere pro tempore responsabilità strutturali o legate a programmi di trasformazione per conto dei nostri clienti / partner per poter guidare innovazione, processi e soluzioni (e ci piace farlo!)

Non abbiamo una preferenza spiccata tra queste modalità, vogliamo aiutare clienti e partner facendo quello che ci riesce meglio e di cui siamo appassionati, con l’ambizione di portare del valore aggiunto e suggerire la cosa giusta. Dato che crediamo in quello che facciamo, spesso l’ingaggio con una modalità evolve con trasparenza e vera partnership verso qualcosa di più articolato in una modalità differente.

Q: “Fare solo quello che piace” non rischia di limitare l’ambito di azione oppure di rimanere una mera dichiarazione di intenti?

Sono fortemente convinto che il poter fare un lavoro che ti piace limiti molto il rischio di scostarsi dai propri desiderata, soprattutto quando questi sono parte integrante dell’approccio verso clienti e partner – credo che si possa stabilire un circolo virtuoso che autolimenta sia la passione che l’efficiacia.

Da una parte trovo che sia fondamentale in questo la piramide dei bisogni di Maslow:

  • nella mia carriera ho avuto la fortuna di confrontarmi quasi sempre con i bisogni in cima alla piramide (Stima e Auto-Realizzazione) e adesso mi trovo a privilegiare ingaggi che siano stimolanti da questo punto di vista, per me ma anche per le persone che lavorano con me
  • vista al contrario, farò sempre fatica a vendere un progetto commodity oppure di cui non percepisco l’utilità per il cliente finale (a prescindere dal compenso), così come faticherò anche nel “promuoverlo” con eventuali risorse assegnate
  • un aneddoto dei tempi di Andersen Consulting, abbiamo avuto una discussione concettuale sulla questione “se il contenuto del lavoro fosse rilevante per la propria crescita/felicità”: ecco, io ero uno degli unici due Manager+ che ne erano fermamente convinti (su 10) e non ho cambiato la mia opinione

Dall’altra parte, l’ownership dei contenuti aiuta moltissimo: innovatività, creatività e passione sono parole fondanti per INNOVENGER – ci siamo “divertiti” negli ultimi mesi a definire la nostra INNOVENGER Digital Solution, basata su una architettura ad eventi estremamente concreta e scalabile.

Q: Quali sono le caratteristiche distintive della INNOVENGER Digital Solution?

Volutamente non stiamo enfatizzando la parola “commerce”, in un certo senso limitativo: dal momento che cerchiamo la maniera di aiutare i nostri clienti ad interagire con i loro consumatori finali fornendo loro nuove esperienze (inclusa comunicazione personalizzata, eventi legati al brand e collezioni esclusive / showroom e sfilate), riteniamo che il nome “omnichannel commerce” non sia sufficientemente “inclusivo” da coprire tutte le esperienze e i touchpoint del journey dei consumatori.

Dall’altro lato, raccogliere, elaborare e organizzare (attorno ai consumatori) le analitiche legate ad ogni evento, aumenta la capacità di raggiungere gli obiettivi finali delle aziende in termini di customer engagement (quindi sicuramente vendite ma non esclusivamente quello).

La logica di interazione legata agli eventi rappresenta il robusto strato architetturale che lega il tutto, sul quale innestare senza limitarne la creatività i vari touchpoint innovativi e/o i componenti che governano interazioni e processi. In questa logica i vari componenti specializzati rappresentano dei micro servizi che possono essere scalati / sostituiti nel momento in cui il sizing non è più adeguato alle esigenze del contesto.

Rispetto a soluzioni architetturali che andavano per la maggiore qualche anno fa, caratterizzate da costi di entrata significativi per l’acquisizione delle tecnologie, l’approccio basato sul “bus” degli eventi come connettore presenta una flessibilità e quindi scalabilità molto maggiore.
Una precisazione è doverosa: senza fare nomi, questo non vuol dire che i player più tradizionali non abbiamo soluzioni “migliori” per alcuni contesti:

  • la nostra tesi è che in un contesto di crescita, una volta disegnata una robusta architettura di supporto (che rappresenta una delle chiavi di successo delle iniziative), non sia per forza necessario limitare le funzionalità / caratteristiche digitali per seguire il profilo di spesa consentito dal budget progettuale (alcuni dei componenti che abbiamo identificato hanno un modello di licensing progressivo che consente di approcciarli fin dalla fase di startup)
  • contemporaneamente, la necessità di adottare uno dei componenti “leader” per l’implementazione di un certo processo è probabile che arrivi in un momento successivo, quando il processo è arrivato a maturazione e le transazioni si sono stabilizzate sopra un certo volume – “l’architettura” facilita in questo caso lo switch tra tecnologie intervenendo “chirurgicamente” sul componente da sostituire e sul suo collegamento

Ho evitato accuratamente di riportare diagrammi/illustrazioni che avrebbero potuto rendermi attaccabile da un punto di vista architetturale (A Milano si dice “Ofelè fa el to mesté”), ma volevo condividere i principi ispiratori che consideriamo quando lavoriamo a quattro mani (sei, otto, …) sulla nostra Digital Solution, con l’obiettivo di portare del valore e anche un po’ di presunzione di riuscirci per esperienze e passione che ci mettiamo.

Q: Chi sono i target di applicazione per la INNOVENGER Digital Solution e qual è il portafoglio clienti che vorreste avere?

Mi sento di dire che non ci sono limiti agli utilizzatori target della nostra Digital Solution per tutta una serie di motivazioni:

  • alcune sono architetturali: la nostra Digital Solution nasce per essere modulare – quindi alcune componenti possono essere utilizzate a copertura di processi parziali rispetto allo scope funzionale complessivo – e nello stesso tempo scalabile – cioè non ci sono controindicazioni a utilizzarla già a partire dalle fasi di startup del cliente in un ambito digitale. Tutto questo riduce le barriere all’entrata
  • le altre motivazioni sono insite nella nostra creatività e nel nostro approccio consulenziale: ci piace risolvere i problemi dei nostri clienti e pensiamo “in grande” per farlo – questo funziona sia su clienti più piccoli che sui “big” che magari approcciamo assieme ai grandi system integrator

Alcune referenze che abbiamo rispondono esattamente a questo tipo di approccio. Inoltre la INNOVENGER Digital Solution è anche la base del nostro Marketplace Destination Luxury (con 4 clienti attivi e in attesa del lancio ufficiale che abbiamo rimandato per maggiore vicinanza con il Natale – questo merita però un articolo dedicato).

Per quanto riguarda il posizionamento, la declinazione della nostra mission è quella di poter essere il partner di riferimento (sia verso i clienti che verso i partner) per profili molto qualificati in ambito Digital e/o soluzioni martech / commerce fruibili anche per clienti non enormi o comunque in maniera scalabile.

Proprio per la tipologia di approccio che adotta, INNOVENGER può collaborare con Società di Consulenza / System Integrator e/o altri Partner Tecnologici che consentano reciprocamente un ampliamento dei servizi a valore aggiunto per il Cliente finale.

Al di là di alcuni clienti finali che abbiamo acquisito per conoscenza diretta = credibilità consolidata negli anni, in generale lavorare con i grossi System Integrator consente a INNOVENGER l’accesso anche ai grandi clienti finali con cui molti di noi sono sempre stati abituati a interagire e su cui abbiamo costruito esperienze e credibilità – viceversa, INNOVENGER abilita per i “big” una serie di tecnologie e talvolta anche clienti che non sarebbero differentemente raggiungibili.

Penso che il rapporto sia assolutamente win-win, in questi mesi siamo riusciti a interfacciarci proficuamente con 3 dei grossi big della consulenza (inclusa la company a cui sono più legato per la mia lunga militanza…) – 1 certificazione acquisita e 1 in progress è senza dubbio uno dei risultati “actuals” di cui sarò molto contento alla conferma della seconda … (parliamo di processi che rappresentano dei challenge veramente complicati…).

Due parole sulla diversificazione di queste partnership – credo sia assolutamente fondamentale per un percorso di crescita come quello che abbiamo intrapreso: crea non-dipendenza, autonomia, flessibilità e anche qualità. Deve però essere governata con rigore professionale e atteggiamenti trasparenti ed etici: ovviamente la credibilità passa anche dalla separazione degli ambiti e dalla riservatezza e consistenza degli accordi, condizione necessaria per delle vere partnership – in nessun caso abbiamo neanche considerato accordi che potessero avere estremi di concorrenzialità (di ruolo, di cliente, di tecnologia, di ambito, di business development) – per esempio forniamo Scrum Master / Agile Coach per un partner, Architetti e Team Lead su una certa tecnologia a un altro, stiamo esplorando la possibilità di fornire un intero Scrum dall’estero su una tecnologia differente per il terzo

Q: Qual è il prossimo passo sul percorso di crescita?

Abbiamo già iniziato alcuni dei prossimi sogni…. l’etica del lavoro elimina la paura.

Un piccolo spoiler che mi affascina …

E’ un dato di fatto in un mondo IT/Digital in cui il Covid ha cambiato il modo di lavorare in termini di metodologia (adesso ormai interamente Agile) e soprattutto di virtualizzazione dei meeting (smart working), che è molto più difficile per un ragazzo/a che arriva dall’università crescere professionalmente senza avere di fianco chi è capace di insegnargli soft skill e modo di lavorare….

… stiamo lavorando a un accordo con un polo universitario per aprire una sede operativa co-partecipata all’interno del campus …è ancora presto per i dettagli ma sicuramente pensare in grande non è una cosa che ci fa difetto!

Claudio Bianchi

L’etica del lavoro elimina la paura

Quando sono uscito da Accenture Interactive qualche anno fa avevo il dubbio su cosa avrei fatto da grande oppure, per dirla in un altro modo, come sarei sopravvissuto a 27 anni di consulenza “mainstream” per ritornare nel mondo reale.

Non è che fossi spaventato, solo non ero ancora pronto a decidere cosa volessi fare.

A questo proposito, mi piace citare una frase di Emilie Wapnick che condivido: “Una curiosità insaziabile non ci rende necessariamente degli eccentrici che disperdono le proprie energie, ma dei multipotenziali: persone che perseguono molteplici attività creative” – questo per dire che anche quando non sono stato così sicuro dei miei prossimi passi, ho sempre saputo esattamente che challenge, progettualità e creatività/innovazione rappresentano i miei principali interessi (per contrasto, se non vedo la possibilità di “metterci del mio”, non nascondo che la cosa mi possa anche annoiare).

Nello stesso tempo, evidentemente il tema della sfida mi ha sempre affascinato da un punto di vista lavorativo ma non solo….

ad esempio, non appena risolto il mio rapporto con Accenture, ho pianificato (e pedalato) 1100 km da solo in bicicletta tra Dolomiti, Trieste e Milano, sfidando lo scetticismo di amici e conoscenti e divertendomi nel contempo nella parte di testimonial che doveva anche farsi carico dei report giornalistici e delle attività di marketing, scrivendo un blog di articoli pubblicati sul sito dello sponsor che mi aveva fornito la bicicletta (Taurus 1908), prontamente rilanciati con appuntamente giornalieri sui social.

Al mio ritorno dalla sfida “on the road”, ho cominciato creando la mia società nel Luglio 2018, INNOVENGER appunto, divertendomi a disegnarla in toto in termini di nome, mission, vision, sito – probabilmente non è venuta così male dato che sono riuscito nella difficile impresa di iscriverla subito nel registro delle startup innovative (non banale per una società che voleva fare consulenza e soprattutto appena fondata).

Contemporaneamente mi guardavo in giro senza precludere possibilità (e anche senza decidere):

  • da una parte mi cercavano i competitor di Accenture, oggettivamente spaventati da un non compete fatto bene che non mi consentiva di lavorare con loro in Italia per 12 mesi (e che comunque non avevo in mente di aggirare)
  • dall’altra parte la posizione elettiva in azienda era quella di Chief Information Officer, dove le mie esperienze erano generalmente “molto abbondanti” e differenzianti rispetto al ruolo richiesto ma venivo comunque considerato “una candidatura esotica” dato che non avevo un inquadramento  pregresso esattamente nel ruolo. Probabilmente veniva anche percepita l’indecisione sui miei desiderata, il tarlo della consulenza continuava a rodermi.
  • avevo anche pensato di creare un marketplace, disegnando una soluzione blockchain per il mercato dei cosiddetti Hi-Value Goods che potesse combinare Tracciabilità e Anti-contraffazione (già visto) con tematiche di Marketing, Multicanalità e Posizionamento Strategico. L’idea era assolutamente innovativa (e infatti prometto che ne sentirete parlare ancora in INNOVENGER), ma in quel momento non sono riuscito a convincere qualcuno di cui mi fidassi a condividere con me la leadership dell’iniziativa imprenditoriale per confrontarmi sulle scelte da prendere.

Non riuscendo a decidermi tra tornare in consulenza ed assumere un ruolo organico in azienda, nel 2019 ho cominciato a fare il CIO in aziende internazionali da qualche centinaio di milioni di fatturato, scegliendo però di non farmi mai assumere ed utilizzando Innovenger come contenitore per fatturare le mie consulenze personali, privilegiando i contenuti progettuali e di innovazione / trasformazione, più vicini alle mie attitudini ed esperienze.

E’ stato un percorso divertente ed anche gratificante, in questi 4 anni sono riuscito a portare a termine diversi programmi di trasformazione nonostante il fatto che il Covid abbia limitato molto la progettualità delle aziende per cui ho lavorato. Alcune di queste iniziative, anche quelle più piccole in termini di budget, hanno rappresentato un cambiamento significativo per il contesto, aziende padronali in cui la parte più difficile del mio lavoro era probabilmente la promozione / approvazione delle iniziative stesse a livello di comitato investimenti con gli imprenditori-AD a cui riportavo, sicuramente non abituati ad una interlocuzione di livello sulle decisioni chiave in ambito Digital o anche IT.

Anche se in circostanze diverse, in entrambe le esperienze principali ho rifiutato l’assunzione del ruolo di CIO in maniera permanente, nonostante mi sia stato offerto più volte. La prima cosa che mi spingeva in questa direzione era la resistenza che incontravo in termini di progettualità e investimenti (spese capex) in momenti di congiuntura non esattamente favorevole – Innovenger mi consentiva un modus operandi come Senior Advisor in contesti significativi ed ho continuato a sfruttare questa opportunità.

Il secondo punto di insofferenza era anche la “squadra”: spesso le persone che riportavano a me in azienda avevano una dedication totalizzante sulle problematiche di gestione operativa e nella parte più squisitamente trasformativa mi trovavo ad operare quasi sempre da solo. Mi è sempre piaciuto definire o progettare i contenuti, nonchè venderli internamente o negoziarli con una terza parte, “metterli in bella” oppure presentarli, fare sempre tutte le cose assieme alla lunga stanca, diventi anche autoreferenziale…. insomma, la consulenza più tradizionale mi mancava…

Nei mesi scorsi mi è stato offerto di aprire e guidare la branch italiana di Nembrini Consulting, gruppo internazionale con HQ in Svizzera, attivo principalmente in ambito Digital – la risposta è stata subito entusiasta, condividiamo gli stessi valori e il disegno si è materializzato in un attimo.

INNOVENGER diventa quindi parte di un gruppo internazionale con la responsabilità del mercato italiano e un ruolo di guida su alcune iniziative progettuali che verranno lanciate congiuntamente nel corso del 2023.

In questo contesto di crescita, INNOVENGER diventa l’hub Italiano per Business Consulting, Digital Design e Technology Solutions, mantenendo la struttura definita a livello di gruppo.

Mi piace sottolineare che la mission di INNOVENGER, scritta di getto nel 2018, non varia:

Aiutare i nostri clienti ad aprire nuovi canali di vendita o semplicemente ad ottenere un vantaggio competitivo su quelli esistenti attraverso una migliore e più matura gestione dell’innovazione e delle componenti digitali a supporto del proprio business.

A questo scopo, l’attività sociale ha come oggetto primario l’erogazione di servizi di consulenza, progettazione, change management e formazione promuoventi lo sviluppo dell’economia e della cultura digitali, nonché la ricerca e l’innovazione tecnologica quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile nel quadro delle indicazioni sancite a livello europeo, con particolare riferimento agli effetti prodotti e ai risultati conseguiti.

E anche la vision non cambia:

we are INNOVATIVE, we are CREATIVE, we are PASSIONATE, we are INNOVENGER.

INNOVENGER seeks out the creative mind, the idealist who can work, collaborate, and deliver under timelines. We are driven by our desire to create and make the world a better place.  Our passion fuels the relentless pursuit for innovation and adventure.

Quello che cambia è la portata della sfida, Il Gruppo Nembrini Consulting dispone di una struttura di 100+ consulenti a livello internazionale, l’ambizione è quella di portare INNOVENGER ad un’altra scala mantenendone la capacità di guidare / supportare programmi di trasformazione significativi per i nostri clienti.

Il piano di crescita è molto ambizioso, qualcuno ha giustamente detto che se non sei spaventato dai tuoi sogni, vuol dire che non sono grandi abbastanza – è vero che la sfida sarebbe di quelle da far tremare le gambe, ma l’etica del lavoro elimina la paura.

Sono convinto che questo passo rappresenti una grossa opportunità e la affronto con entusiasmo, commitment e responsabilità: quello che ci lega è il fatto che siamo tutti top performer con una forte attitudine verso il prossimo – privilegiamo le persone, e superiamo le aspettative – per i nostri clienti, i nostri partner ed i nostri colleghi.

La sfida è raccolta e spero che clienti, partner e professionisti decideranno di cogliere l’opportunità di lavorare con noi numerosi.

La prossima sfida

Premetto che il tema dell’articolo non vuole essere lavorativo, al di là dell’incipit di contesto.

Da Gennaio 2020 ho lanciato e guidato il programma di trasformazione e migrazione ad un nuovo partner tecnologico di tutta l’infrastruttura di una media azienda Fashion-Retail, dai Data Center a tutta la rete di Connettività Dati con le sedi ed i punti vendita in Italia dei due brand, compresa la telefonia fissa e mobile. Il programma, molto challenging per tempistiche e complessità, ha completato con successo la prima fase, quella più rischiosa, a fine Aprile 2020, nonostante le extra complessità gestite per far fronte all’emergenza COVID.

Sono veramente orgoglioso di quello che abbiamo fatto in termini di complessità ed elapsed in un contesto che non poteva essere più difficile (tra covid, negozi chiusi, limitazioni varie nel coinvolgimento delle persone e qualche situazione di conflittualità con l’operatore uscente che non migliorava la situazione): una vera missione impossibile.

Come dicevo, non è questo il tema dell’articolo se non per il challenge: io ho portato il mio gusto della sfida ed ho messo le mie competenze manageriali e progettuali a supporto della governance del team, assicurando loro una catena decisionale cortissima (ovviamente nei limiti delle mie deleghe). Il conseguimento con successo di questa ultima milestone, non scontata, mi porta a cercare la prossima sfida – le sfide non mi hanno mai spaventato, ho una storia di missioni impossibili portate a casa e non vedo l’ora di cimentarmi nella prossima con la responsabilità che mi caratterizza.

Dall’altro lato la riduzione del mio attuale coinvolgimento lavorativo mi dà anche un’opportunità ulteriore, cioè ritagliare il tempo per completare la mia avventura ciclistica iniziata due anni fa.

Il tema della sfida mi ha sempre affascinato da un punto di vista lavorativo ma non solo…. “Una curiosità insaziabile non ci rende necessariamente degli eccentrici che disperdono le proprie energie, ma dei multipotenziali: persone che perseguono molteplici attività creative” (cit. Emilie Wapnick): qualche volta non sono ancora sicuro di cosa voglio fare “da grande”, però so esattamente che challenge, progettualità e creatività/innovazione rappresentano i miei principali interessi (per contrasto, se non vedo la possibilità di “metterci del mio”, non nascondo che la cosa mi possa anche annoiare).

Tornando al tema dell’articolo, subito dopo l’uscita da Accenture Interactive avevo sfruttato un piccolo periodo sabbatico partendo per quella che allora pareva una sfida epocale, 1100 km in bicicletta da solo tra Dolomiti, Trieste e Milano, completati in meno di due settimane. Senza tediarvi con un dejavù, il link https://www.claudbianchi.it/adventure-alias-claud-on-the-road/ riporta tutti gli articoli che avevo orgogliosamente scritto durante quel viaggio.

Appena arrivato a destinazione, allora mi ero ripromesso di proseguire verso Roma lungo la via Francigena, percorso che non ho mai più intrapreso. Le ragioni che mi avevano spinto a “mollare il colpo” erano varie: la conclusione del mio periodo sabbatico, la creazione della mia startup, il caldo che avrei incontrato a Luglio, MTB oppure strada? La tintoria non mi aveva portato il tight. … C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette!

In realtà credo che la ragione vera sia sempre la stessa: non avvertivo più il senso della sfida che mi aveva fatto partire la prima volta con l’idea che è importante il viaggio non la destinazione, next.

Credo che adesso sia il momento giusto per #ripartire, l’hashtag è sicuramente di attualità e la sfida ciclistica lasciata in sospeso ha ripreso il suo fascino all’interno dei miei desiderata. Quindi, partenza mercoledì 10 per una sfida di una decina di giorni. In attesa del prossimo next.

L’essenziale è invisibile agli occhi.

Claud

Claud on the road

Titolo strano, soprattutto per la situazione congiunturale che lo vieta nella maniera più assoluta. Tralasciando i doppi sensi sulla situazione lavorativa (purtroppo è un tema ricorrente in questo periodo e si spera sempre di non essere nel novero di quelli che dovranno gestire queste situazioni), la coercizione forzata in casa ti spinge a fare cose che non faresti mai, tipo andare a cercare memorabilia di momenti sicuramente più dinamici.

Sono andato quindi a ripescare i media preparati durante le due settimane spese in Giugno del 2018 in giro in Bicicletta tra Dolomiti, Trieste e Milano – come dicevo allora, è importante il viaggio e non la destinazione.

1100 Km in 11 giorni in bicicletta da solo (compresi 6 passi dolomitici, almeno 3 dei quali non banali) sono stati il mio challenge epico. Mi sono divertito molto, sia a pianificare il viaggio che a completare il tutto in mezzo allo scetticismo degli amici (a scommettere non si sarebbe sbagliato, ero quotato meno di uno scudetto al Milan in anni recenti – cercando in giro qualcuno riteneva più probabile anche lo scudetto della stella al Genoa…).

Ancora di più mi sono divertito nella parte da testimonial che doveva anche farsi carico dei report giornalistici e delle attività di marketing, scrivendo un blog di articoli pubblicati sul sito dello sponsor che mi aveva fornito la bicicletta (Taurus 1908) e prontamente rilanciati sui social (avevo un appuntamento giornaliero con i miei affezionati lettori sia su Instagram che su Facebook)

Adesso gli articoli sono leggibili in sequenza inversa (…dall’ultimo in prima) sul blog del mio sito – https://www.claudbianchi.it/?s=taurus: li ho riportati qua perchè mi sarebbe spiaciuto che sparissero (giustamente) nel niente dopo qualche mese di permanenza sul sito Taurus 1908 – non saranno meritevoli del Pulitzer, forse hanno una loro dignità e sicuramente mi sono divertito a scriverli oscillando tra pensieri profondi (pochi), un po’ di sana autocritica, orgoglio (quanto basta) e tanto divertimento.

Parlavo di media, perché in effetti mi ero sbizzarrito anche con la multicanalità spinta che non avevo ancora pubblicato – qui trovate un esempio divertente (tutto girato e montato con iphone e ipad + telefonata per richiedere “l’aiuto da casa” quando incontravo qualche difficoltà).

This is one of the greatest adventures of my life

Post scriptum: non potrei pubblicare questa versione perché youtube mi segnala una violazione del copyright (“In questo video è stato trovato materiale protetto da copyright.
Di conseguenza, non può essere monetizzato dall’utente che lo ha caricato.”
). Sono sicuro che gli Alphaville mi perdoneranno per almeno un paio di ottimi motivi:

  • la forte valenza evocativa del testo della canzone (un jingle generico “mi stava stretto”)
  • probabilmente per età anagrafica, ho sempre amato gli Alphaville o meglio le 2 canzoni loro che andavano per la maggiore quando ero ragazzo
  • faccio francamente fatica a pensare ad una monetizzazione a mio favore… (anche se è vero che io nello scudetto del Milan ci spero sempre, c’è un limite a tutto…)

Non penso neanche che in futuro verrà fatto un film della mia impresa epocale: questo però è veramente un peccato….avevo preparato due trailer per il lancio, per cogliere le specificità dei diversi mercati target – il primo più Kolossal, il secondo sempre evocativo dell’impresa, me per certi versi più romantico

Trailer 1
Trailer 2

Una foto per chiudere, legata alla triste attualità che ci vede confinati tra quattro mura che, per quanto spaziose, non possono minimamente competere con le mie montagne … mancate tanto!

Claud

Jack Frusciante è uscito dal gruppo

Non è un titolo originale, Enrico Brizzi ha scritto nel 1994 un bel romanzo con questo titolo strano e affascinante che mi aveva stimolato curiosità (e acquisto).

Brizzi usava nella sua storia la metafora dell’uscita inaspettata e coraggiosa del musicista, avvenuta proprio quell’anno nel momento in cui la band era all’apice della carriera.

Cercando su Google ho trovato che Jack è poi tornato nei RHCP nel ’99 prima di Californication (gran disco), per poi uscirne di nuovo dieci anno dopo e tornare ancora in anni più recenti.

Un po’ mi sento così, anzi tanto: parliamo di sequenza, di successi e non di problemi. Non mi è ancora chiarissimo in quale fase della storia mi calerei meglio.

I’m a dreamer, I’m definitely a dreamer. Ho la presunzione di non dover niente a nessuno e di potermi permettere di non fare cose che non mi piacciono; ovviamente come in tutte le cose c’è un ma, devo essere innamorato del progetto e l’essere riconosciuto è parte del processo di innamoramento.

Don’t give up on the dream
Don’t give up on the wanting
And everything that’s true

(Placebo)

Per me la noia è deleteria. Ma anche l’incertezza del progetto o la non chiarezza degli obiettivi o del mandato… se io sono parte di un progetto condiviso, posso serenamente dire di non temere alcuna missione impossibile: work ethics eliminates fear.

In questo momento i RHCP stanno gettando le basi per fare un disco epocale (aka Californication), Jack sta scrivendo l’arrangiamento che renderà la canzone una delle canzoni più famose della storia del rock, ma la band non ha ancora confermato Jack alla chitarra…

Psychic spies from China try to steal your mind’s elation
And little girls from Sweden dream of silver screen quotation
And if you want these kind of dreams it’s Californication

It’s the edge of the world and all of western civilization
The sun may rise in the East at least it’s settled in a final location
It’s understood that Hollywood sells Californication

Pay your surgeon very well to break the spell of aging
Celebrity skin is this your chin or is that war you’re waging?

Firstborn unicorn
Hardcore soft porn
Dream of Californication
Dream of Californication

What you wanna be when you grow up?

Why in English? Good question. If I look back to my business life, I spent probably more time dealing with people in English rather than in my language. I would have want to have the “little flag buttons” on my website to switch between Italian and English.
But it’s not – I guess this could limit the creativity, forcing lot of effort just to have a solid consistence everywhere in the website. This is not for me: it’s overkilling and keeping time away from what I really wanna do, in general.

Creativity first – I do really like writing (as well as designing, creating, inventing, innovating…), so I will follow the day by day inspiration to fill pages in either English or Italian, where English is supposed to be closer to the business matters.
Corollary – please do not care if you will find a jeopardized situation on the website, just thank that my German is far from being good enough… (and my singing attitude is less than zero in a scale from one to hundred)

This is going to anticipate the feeling about my answer to the question: despite I always had a strong sense of duty (at least, after completing my studies…), there are topics that I really suffer when dealing for long without discontinuing my dedication – among the others, guess that words like “maintenance” and “infrastructure” are not really at the core of my interests. I don’t want to spoiler too much this concept, let’s park it for a while.

Sometimes wonder what I really wanna be when I grow up.
Well, I see a “better late than never” expression on your face, considering that, on aggregate basis, I will probably have to work less in the future than in my background. Yes, unfortunately you are right – but this is exactly the point: I am not ready to make compromises on that.

truly inspirational speech

Guess I don’t have one true calling. Looking to the Emilie’s TED talk I found lots of attitudes that I share: not sure of being 100% a “multipotentialite”, just realized that I was unconsciously able to take advantage by some of these attitudes in my professional life. Working in Consulting has been a very good enabler for these attitudes of mine:

  • I always worked sharing values and behaviours with all my clients counterparts, leveraging an organizational path by project, without falling too much into boring “routines”
  • internally (in consulting), I had the chance to join and lead entities devoted to innovation and digital transformation by mission (that were allowed to spend less time in bureaucracy when growing fast)

There is sentence from Emilie that I can’t write better (not even in Italian): “I began to notice this pattern in myself where I would become interested in an area and I would dive in, become all-consumed, and I’d get to be pretty good at whatever it was, and then I would hit this point where I’d start to get bored. And usually I would try and persist anyway, because I had already devoted so much time and energy and sometimes money into this field. But eventually this sense of boredom, this feeling of, like, yeah, I got this, this isn’t challenging anymore — it would get to be too much. And I would have to let it go.

This is exactly what I am feeling now:

  • Some months ago I joined Pianoforte Group, having 1300+ stores worldwide part of 3 well positioned brands in the retail-fashion market (Yamamay, Carpisa, Jaked)
  • I shaped the digital transformation agenda for the group, defining the CRM-Customer Engagement-Omnichannel journey for the coming years, working well with both Consulting and Solutions providers and having the chance to present the journey at the Oracle Retail Industry Forum in both Minneapolis (June) and Madrid (October)
  • I had somehow to challenge for granting the approval of the journey. Now it’s there, investment approved, project starting but coexisting with lots of other day by day activities, application maintenance, infrastructure management, that are absorbing much more time to be devoted by all the project team members
  • I feel I got it, it’s no more challenging in the sense I like, going to loose traction…

In my background, I led lots of international challenging programs, bringing them to completion (I mean, it is not a matter of execution) – what is the difference now? They were projects and they were managed as such, with a full time dedication, having a sense of urgency and challenge that I am loosing on a path that is more relaxed.

Here we got at the point of what I don’t wanna do: in the current situation, I fear that I could leave the program leadership in the coming months and therefore I prefer to handover the role now where there is a discontinuity between plan and execution.

I don’t feel of giving up, I am really proud of the accomplishment we got so far but feeling that I’m over, I don’t have anymore the same motivations I had in the “shaping” and creating phase, it is no more challenging for me over time: I really guess that it’s a different challenge from what really makes me performing at best – considering my own Vogler’s hero’s journey model I feel myself on the way back home.

And now? let’s move to what I wanna do.

I definitely trust Maslow’s hyerarchy of needs pyramid: I have been so lucky in always having the opportunity to feel the needs that are at the top of the pyramid – both Esteem and Self-actualization. Either meeting the needs or looking for meeting them represents for me the path to work better, feel better and achieve a greater self confidence leveraging work ethics and creativity:

  • Quoting Michael Jordan, “work ethics eliminates fear”: he was probably focusing on how training is important to progress and succeed, if you take the sentence as it is, it is definitively true in business matters too: don’t feel panic if you work well.
  • Yes, using creativity is part of my work ambition: ancient Romans stated “repetita iuvant”, but somehow bore…

Considering Maslow, how you wanna hit your target? By managing people and projects, this is a fair summary of what I like to do (and what I am very good at) – at the end of the day, I can achieve this both in Consulting (back to, déjà vu) and Retail/Fashion/CPG companies having a priority Digital Transformation Program in progress (to be started too?).
Missions Impossible? Not really a problem if fascinating me, I got some of them in my background – feeling the challenge increase the happiness to sort them out.

Wondering if Dream Job exists? Trust yes, I definitely have a dream – What about working as CIO for the 2026 Winter Olympics in Milano-Cortina?

  • It is a project – the timeframe is long but still a project – spacing through all of my favorite topics (sport, ski, mountain, Dolomites, Milan, olympics, digital….)
  • I think that I can exploit a really unmatched commitment / passion, on top of my background, experiences, capabilities and skills to succeed.

Claudio Bianchi

La genesi di un nome

Il primo articolo serio non può prescindere dalla selezione del nome… che racconterò in dettaglio, compresi gli step intermedi.

Il nome iniziale, arrivato di getto, era un po’ lungo – INNOVATE DIGITAL EXPERIENCE AGENCY – caratterizzato da un bellissimo acronimo (IDEA) anche se di difficile raggiungibilità sui motori di ricerca. Tutte le parole avevano una loro rilevanza nel progetto, la prima aveva molte e diverse chiavi di lettura (in italiano e in inglese, vate era divertente come sostantivo) ma è purtroppo abusata sul web.

A quel punto è stato lanciato un mini contest online (family and friends only) che ha visto prevalere INNOVHENGE (la Magia dell’Innovazione) e DIGINNOVATE (esortativo?). Tra questi due, veramente vicini nel sondaggio, alla fine il primo era stato selezionato con il cuore: originalità e “appartenenza del nome” vs. difficoltà di spelling, durezza, qualcuno all’interno del panel ha anche detto “germanicità”; dall’altra parte un nome facile, esortativo ma che non “arrivava” più di tanto.

Il penultimo step prima dell’acquisizione dei dominii è stato quello di creare un logo provvisorio, in cui abbiamo dovuto inclinare una sola pietra per rendere parlante la foto:  

Poi l’illuminazione, ha vinto una definizione di un blog del 2010, INNOVENGER, tagliata in maniera sartoriale sull’obiettivo di questa società (riportata nella sezione del chi siamo) e nello stesso tempo evocativa di una squadra, di un team che proverà a fare del suo meglio per raggiungere un obiettivo sfidante.

cb

Lo ZEN e l’arte della manutenzione della bicicletta (sono un ragazzo fortunato)

Ultima fatica letteraria di questo tour ciclistico.

Perchè il titolo? Io sono per lo Zen, punto.

Premesso che il libro, quello vero della citazione, non l’ho mai letto, la manutenzione della bicicletta (diciamo pure la manutenzione in generale) non è una cosa per cui ho talento nè mi appassiona particolarmente.

Al di là del fatto che la manutenzione spesso richiede la lettura di manuali di istruzioni e/o lo sporcarsi le mani di grasso (entrambe cose che non mi vengono proprio naturali e che faccio solo se fortemente costretto dalla situazione), penso che la manutenzione sia la negazione della creatività e non riesco ad applicare il cervello in questi casi, parto dal presupposto che sicuramente c’è chi ha più talento di me – a questo punto richiedo l’aiuto da casa (o anche da dove volete, basta che non lo debba fare io).

Questa teoria ha un fortissima base scientifica che viene dalla tradizione illuminista di Milano ed è ben sintetizzata dalla frase: “Offelee, fa el tò mestee”.

Due numeri di background: in 11 giorni di pedalata ho fatto 1040 km, 5 passi dolomitici (2 veri, Pordoi e Falzarego), +6870 metri di dislivello (12 barrette energetiche e credo 17 bustine di polase)

Detto questo, sono un ragazzo fortunato:

  • Mi sono portato dietro per 2 settimane gli attrezzi per la manutenzione e le camere d’aria di scorta (sono ancora tutti intatti nelle relative confezioni, che mi sono guardato bene dall’aprire – qualcuno mi aveva anche suggerito di allenarmi a cambiare le camere d’aria…)
  • Non ho mai bucato
  • Ho avuto solo due piccoli problemi meccanici (vite allentata sul cambio più un raggio rotto a Dobbiaco e pedale smollato a Badia Polesine) ma sono riuscito a trovare due “talenti professionisti” che me li hanno risolti
  • In due settimane tendenzalmente caratterizzate da perturbrazioni diffuse, ho preso l’acqua solo un paio di volte in maniera assolutamente marginale (un quarto d’ora in Austria e gli ultimi 2 km arrivando a Rovigo). Devo dire che in questo mi hanno aiutato il meteo dell’iphone, il fatto che alle 3 del pomeriggio fossi quasi sempre già arrivato (e infatti le due volte che l’ho presa mi ero attardato) ed anche una discreta razione di fortuna (appunto)

Non mi lancio invece in una definizione filosofica di Zen (non ne sarei in grado) ma mi limito a constatare che in bicicletta si pensa veramente tanto. Il cellulare che non suona e l’assenza di altre distrazioni sicuramente aiutano, i paesaggi maestosi pure (dalla meraviglia delle Dolomiti al fascino dei colori dei campi della pianura piadana rispetto al grigio-bianco e azzurro che si alternavano in cielo) ma probabilmente è il desiderio (o necessità) di staccare il cervello da piccole banalità tipo “oggi non riuscirò ad arrivare” che spingono a liberare la mente da tutto quello che è accessorio.

Probabilmente amici ben più ferrati di me potrebbero azzardare anche paragoni più arditi, il viaggio che diventa evocativo del viaggio dell’eroe. Non lo so e non lo voglio sapere, sicuramente l’essere arrivato a destinazione è una grande soddisfazione, gli ultimi due giorni sono stati forse i più duri perchè avevo la consapevolezza di esserci riuscito e quindi la determinazione crollava verticalmente….

Ieri ho anche pensato di arrivare a Gessate, capolinea linea verde verso Est e fare la mia entrata trionfale a Milano in metropolitana. Poi la mia testa di legno ha avuto il soppravvento, così come l’ambizione di fare una foto davanti al Dòm.

L’accesso a piazza Duomo è stato sulla dorsale corso Lodi, corso di Porta Romana, corso Italia, tutte rigorosamente caratterizzate da una bellissima pavimentazione in Pavè: ecco, 4-5 km sul pavè dopo 125 km corrispondono a tutta la Milano-Roubaix (non è un errore, si parte prima di Parigi per enfatizzare il challenge epocale, n.d.r.) in termini di ripercussioni sul soprasella.

Cosa mi ha lasciato questo viaggio? Sicuramente
la voglia di provarci – come dicevo in un articolo precedente (ho deciso autonomamente di promuoverli ad articoli), “il viaggio ci rende felici, non la destinazione”. Sarebbe stato lo stesso se non ci fossi riuscito? Onestamente, credo di sì. Forse avrei utilizzato tutta la mia esperienza di consulente per ipotizzare un numero di scuse plausibili e sensate, ma avere la consapevolezza di poterlo fare (il viaggio intendo) non ha prezzo, a quel punto hai anche le spalle grandi per poter fallire e parlarne serenamente – Brecht diceva che chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso.

Cosa mi mancherà? Purtroppo temo che questa esperienza non mi permetterà di ricevere il premio Pulitzer, ma il fatto di voler produrre un articolo ogni due giorni mi è piaciuto veramente tanto, è stata una bellissima esperienza e devo dire grazie a Taurus 1908 che me l’ha consentita. Paradossalmente, è questo il motivo per cui li devo ringraziare di più, oltre alla bellissima bici con i parafanghi di legno che mi hanno lasciato assemblare per il mio viaggio.

Con questo ho introdotto i ringraziamenti:

  • Taurus 1908, appunto
  • Un grazie particolare a chi mi ha stimolato sulla via della testimonialità e del marketing, è stato molto divertente
  • Un pensiero triste per un amico che non c’è più, che mi ha fatto capire che le mie montagne possono essere attraversate anche a pedali
  • Un ringraziamente sentito per gli amici che non lo credevano possibile, primo motore motivazionale (ed anche a Elena per la pazienza dimostrata)
  • Grazie al Coro Femminile di Stato della Radio e Televisione bulgara che ha portato in Italia finalmente un ballo a misura d’uomo, più umano, più vero (era tanto che non la sentivate, vero?)
  • Un ultimo grazie a tutti i miei affezionati lettori

Claudio Bianchi

Il viaggio ci rende felici non la destinazione

Dopo il week end di quasi relax, sono partito domenica pomeriggio sulla strada del ritorno a Milano. Dopo la settimana dolomitica l’ansia da prestazione è sicuramente superata: purtroppo è “tutta discesa” solo metaforicamente, e non avete idea di quanto sia grande la pianura padana…

La frase del titolo la sto metabolizzando, penso che sia abbastanza  vera, soprattutto considerando che tanti amici non avrebbero scommesso una lira sul completamento del viaggio, forse neanche io. Il viaggio è diventato una sfida con me stesso, bella già per il fatto di giocarla.

Comunque, per fuggire al piattume della pianura dopo gli emozionanti paesaggi delle mie Dolomiti, sto cercando di incontrare amici nella varie tappe verso l’agognata amaca del terrazzo di casa, destinazione ultima. Per carità, non voglio trattare male i paesaggi veneti e lombardi che ancora mi aspettano: in Italia, come direbbe Bartali, dove pedali pedali che ai francesi ancora le balle gli girano (libera estrapolazione da una canzone di Jannacci, n.d.r.). Solo che la sfida va rinnovata nel continuo.

In generale, ogni giorno i primi dieci chilometri sono i più duri mentalmente, così piccoli come tratta di fronte all’immensità dell’obiettivo.

Dopo il ventesimo chilometro si comincia ad apprezzare la tangibilità dell’obiettivo e questo infonde se non forza almeno naturalezza. Qui la mente spazia, si seguono ipotesi e scenari di argomenti che hanno di solito poco a che fare con le due ruote e si pedala con disinvoltura non vedendo l’ora di dare un seguito ai propri pensieri (telefonate, discussioni, anche articoli per questo blog: molte delle idee originali nascono pedalando).

A questo punto nella parte finale bisogna separare la tappa leggera da quella epocale.

Nella tappa leggera, senza meta prefissata, parte la sindrome dell’”abbiamo fatto 30, facciamo 31”, in cui già consci di avere già dato, si continua a pedalare fino ad abbrutimento per il piacere del viaggio, all’inseguimento della nostra fortezza Bastiani semovente che è sempre qualche chilometro avanti.

La cosidetta tappa epocale ha invece una meta ambiziosa, determinata e spesso oltre il limite delle proprie capacità fisiche. Anche in questo caso la destinazione diventa relativa, la discriminante è tra l’esserci arrivato e l’aver dovuto invece ricorrere ad uno degli ennemila fantasiosi piani B che sono stati comunque ipotizzati pedalando, dal drone di Amazon al pullman di Priscilla la regina del deserto, tutti ovviamente diretti dove stiamo andando noi…

Comunque, per dirla in francese, non ci sono cazzi, quando non se ne ha più …ogni chilometro è un supplizio eterno. Adesso che sono allenato, il mio limite sono circa 110km, dopo pedalo con i gomiti e non solo metaforicamente. Il dubbio è che i 29 gradi degli ultimi 2 giorni abbassino il mio limite a circa 70km…vediamo.

Nel dubbio, per la tappa di domani, non ho una ma ben due destinazioni:

  • La foto con la mia Taurus 1908 davanti al ponte di Calatrava a Venezia (ho chiamato il massimo esperto di Venezia per capire se i suggerimenti pedonali di Google Maps – traghetto B fino a Cannaregio e poi in pochi minuti fino a Piazzale Roma – non mi facessero arrestare…ipotesi abbandonata, pedalerò sul ponte dalla terraferma)
  • Cena con amici a Rovigo

Claudio Bianchi